La prima mostra collettiva dell’ 1758 Venice art studio è stata inaugurata venerdì 16 luglio e terminata giovedì 5 agosto 2021, e dedicata a quattro differenti artisti: Ondina Altran, Ennio Cervi, Gaetano De Faveri e Darja Štefančič. Il titolo della mostra, Merging with the landscape si riferisce alle quattro divergenti visioni del paesaggio degli autori esposti.
Il tratto espressionistico dell’artista Ondina Altran realizza opere in tecnica mista su carta, le quali, secondo una concezione derivante dalla mitologia greca, rivelano come dal gesto creativo caotico si generi l’ordine.
Gli elementi rappresentati da Ennio Cervi sono terra, cielo e mare, dispiegati su linee orizzontali. La profonda prospettiva dei suoi lavori è data dal punto di fuga il quale, arcuandosi, genera una tensione verso l’orizzonte. Le opere esposte dell’artista, architetto e pittore, sono estratte dagli ultimi cicli della sua produzione: “i miraggi”, “gli orizzonti” e “architettura di un orizzonte”. Dalla precedente visione del mare, vitale e dinamica, si arriva con questi cicli ad una concezione astratta, che vede l’orizzonte come unica cosa certa nella mutevolezza del tutto, separatore e unificatore tra la materialità della terra e la profondità infinita del cielo.
Le scenografie urbane raffigurate dalle fotografie di Gaetano De Faveri emergono da immagini mentali dell’artista, che prendono forma attraverso metropoli reinventate. Il ciclo di fotografie “Krisis” esprime lo stato d’animo dell’uomo della società contemporanea, a metà tra un passato colmo di valori che vanno perdendosi e le potenzialità delle nuove tecnologie; queste opere hanno dunque l’intento di suscitare turbamento nell’osservatore, mitigato da una composizione equilibrata delle forme e delle geometrie, creando così una dimensione visionaria che vede la città come spazio di significati.
I paesaggi di Darja Štefančič sono rappresentati da colori ad olio brillanti e il movimento di giardini, torri e castelli sono le componenti che più attraggono delle opere dell’artista. Tra gli intrecci della vegetazione non si scorge mai la figura umana, in quanto l’osservatore è chiamato ad immergersi nell’opera interrogandosi su quale cammino percorrere e quale posizione occupare: sceglieremmo una vita diversa da quella che conduciamo, immergendoci nella vegetazione, oppure preferiremmo rifugiarci nella torre conosciuta ?