Francesco Turco, artista di origini siciliane ma nato e cresciuto a Trieste, è in esposizione a Venezia presso la galleria di arte contemporanea “1758 Venice Art Studio” ove alcune delle sue opere saranno visibili fino a giugno 2023. Egli, grazie ai suoi studi presso l’Accademia di pittura a Trieste, impara come meglio trasportare su tela – o su altri supporti – le proprie emozioni. Si concentra sulle emozioni positive, anche se il suo grande interesse verte sulla traduzione di dolori, mali o sofferenze legate alla vita quotidiana in pittura. Inoltre l’artista si autodefinisce agnostico, nonostante egli scelga, come tema centrale di molte sue raffigurazioni, la spiritualità declinata nella sua forma intrinseca.
In occasione della mostra Permanente 2023, abbiamo avuto la possibilità di intervistare Francesco Turco, che ha deciso di svelarci alcune curiosità sul suo operato, permettendoci di esplorare la realtà del suo mondo artistico.
Quali sono le ragioni/motivazioni che l’hanno spinta a fare l’artista?
“Fin da piccolo sono sempre stato portato a disegnare, colorare, e, attraverso i segni della matita o di qualsiasi altro strumento, mi divertivo a raccontare storie di fantasia.
Crescendo ,la vita ha preso altre vie, ma ho sempre sentito la necessità di poter esprimere in qualche modo il mio mondo interiore; finalmente, dopo varie vicissitudini, mi si è fatto chiaro che l’arte era il modo giusto per esprimere questa esigenza.
Il mondo interiore impelleva dentro di me per manifestarsi, e avevo di fronte a me la strada che fin da piccolo mi si era già presentata e della quale solo ora potevo alfine coglierne l’utilità.”
Quando è entrato nel mondo dell’arte?
“Come dicevo sopra, il processo che mi ha portato, o meglio riportato, al mondo dell’arte è stato tortuoso ed è accaduto alcuni anni addietro, allorquando, spinto dall’impellenza di esprimere l’interiorità, mi sono iscritto ad una scuola di pittura della mia città; qui, attraverso l’insegnamento di qualificati docenti, ho potuto affinare le varie tecniche pittoriche e sgrezzare ed indirizzare in maniera adeguata il disordinato afflato artistico che mi spingeva.”
Dove ricerca l’ispirazione per creare le sue opere?
“In genere l’ispirazione mi giunge all’improvviso, talora all’alba, si tratta di un’immagine o una situazione che poi rielaboro durante i giorni successivi. Ad un dato momento mi accorgo che è giunto il momento che l’ispirazione iniziale ha raggiunto il suo acume ed è pronta per essere portata alla vita attraverso l’esperienza artistica. Da quel momento divento come smanioso e inquieto finché non posso iniziare a lavorarvici sopra materialmente.”
C’è un’opera che ritiene più importante per lei? Perchè?
“Se la domanda si riferisce ad opere di altri artisti, certamente sono sempre stato interessato ai dipinti del tenebrismo secentesco del quale mi affascinano soprattutto i dipinti di Zurbaran e di Ribera.
Più vicino nel tempo non posso prescindere dall’insegnamento dell’Espressionismo nelle sue numerose manifestazioni.
In ogni modo se devo scegliere un’opera che più mi ha colpito è sicuramente il trittico della Guerra di Otto Dix. E’ totalizzante e compiuto nel suo insieme nell’esprimere la brutalità infinita e insensata non solo della guerra, ma dell’esistenza nel suo insieme.
Se la domanda si riferisce invece alle mie opere, potrei rispondere facilmente che quella più importante è quella che devo ancora concepire. E non vuole essere una semplice battuta.
In ogni modo, attualmente, la prima versione de “La mia morte” del 2022, ritengo sia un momento importante per la mia evoluzione artistica.”
Considerando la sua carriera artistica, ha sempre mantenuto uno stile artistico lineare oppure ha avuto variazioni stilistiche? Se ci sono state, a cosa sono dovute?
“Ovviamente nel corso della mia carriera artistica ho osservato delle variazioni stilistiche dovute sia allo studio di storia dell’arte, con i nuovi stimoli conseguenti, sia all’affinarsi delle mie capacità tecniche che mi consentivano di poter esprimere le mie tematiche al meglio e con sempre più vara modalità.”
Che cosa si aspetta dal suo lavoro artistico?
“Spero che attraverso il mio lavoro artistico possa esprimere me stesso al meglio delle mie possibilità e, in fondo, di essere un giorno ricordato, anche se ciò sarà molto difficile; d’altronde è un lavoro che amo, quindi non resta che provarci.”
Parlando nello specifico dell’opera ‘Susanna e i vecchioni’, perché ha scelto di raffigurare questa storia presa dall’antico testamento?
Dati i miei studi classici non è insolito per me assegnare alle mie opere titoli ispirati alla storia, alla religione o alla mitologia: a volte mi appare nella mente un episodio o un fatto legato a questo materiale, potenzialmente infinito e comprensivo di ogni forma di esperienza umana o sovrannaturale, e mi ci appassiono e lo rielaboro nella mente fino a farlo giungere pronto alla realizzazione.
Questa storia, nel corso del tempo è stata rappresentata in modi molto diversi da quello che ha utilizzato lei, come mai ha scelto di rappresentarla così?
Nei tempi passati questo episodio era stato usato soprattutto come pretesto per mostrare nudità femminile senza suscitare particolare scandalo.
Io ho preferito invece vedere l’episodio dalla parte dei “cattivi” , i vecchioni appunto, che nella mia interpretazione non sono malvagi ma piuttosto affascinati di affacciarsi ancora nel mistero della femminilità e stupefatti della sua incommensurabilità.
Si ispira sempre ad una storia quando deve realizzare delle opere o per alcune si lascia trasportare semplicemente dalle emozioni?
“Spesso mi lascio trasportare dalle emozioni e lascio che la matita o il pennello scorra seguendo vie che non so dove mi porteranno. Alla fine mi rendo conto che sono arrivato ad un certo traguardo; e quel traguardo lo riconosco e allora gli assegno il titolo che si merita, magari proprio ispirato a quegli elementi storici o mitici di cui parlavo prima, anche perchè questi spaziano non solo il reale ma anche il nascosto, l’inconscio, lo spirito, l’anima profonda.”
Tutte le sue opere hanno una morale, vogliono trasmettere un messaggio?
“In verità molte opere hanno un messaggio e mi piace che sia lo spettatore a coglierlo, se ci riesce. Di solito non è difficile coglierlo, la sfida si fa divertente quando invece la morale vuole essere ambigua o ambivalente. O addirittura non c’è.”
Alla base delle sue opere ci sono dei lavori preparatori, bozzetti?
“In genere parto da uno o più bozzetti, poi eseguo un disegno preparatorio ed infine passo su tela; ovviamente in corso d’opera ho ripensamenti ed eseguo correzioni. Altre volte, come dicevo sopra, lascio fluire semplicemente il pennello, e vedo cosa accade…”
Francesco Turco ci porta in un mondo popolato da creature storiche e mitologiche, spesso legate anche alle sacre scritture. La sua ispirazione dal carattere improvviso regala composizioni sorprendenti.