Intervista a Emanuele Giannelli

Emanuele Giannelli,  nato a Roma,  attualmente vive a Pietrasanta, terra di eccelsi scultori, da cui l’artista apprende la geniale provocazione toscana, intesa da lui come una caratteristica positiva, in quanto capace di “provocare emozioni“. Nei suoi progetti la fonde con la classicità della capitale. 
Giannelli si diploma in Scultura all’Accademia di Belle Arti di Carrara e proprio in questi anni comincia il progressivo distacco dalle correnti classiche per avvicinarsi alla scultura contemporanea. L’artista cresce sperimentando non solo nuovi materiali e nuove tecniche, ma anche il mondo con grande curiosità e coscienza, fino a trovare una personale narrazione, osservabile in tutte le sue opere. L’idea della figura umana in preda al caos della contemporaneità e alla trasformazione è una tematica visibile anche nelle opere più recenti. 
In occasione dell’Esposizione Permanente visitabile fino a giugno 2023 nella galleria d’arte contemporanea “1758 Venice Art Gallery”, abbiamo avuto l’opportunità di intervistare Giannelli, il quale ha deciso di svelarci alcune curiosità, permettendoci di addentrarci nel suo mondo artistico.

Quali sono le ragioni/motivazioni che l’hanno spinto a fare l’artista?

“Da bambino ho frequentato studi di maestri, artisti a  Pietrasanta, dove  sono rimasto affascinato dalla loro maniera di essere. Probabilmente  è nata lì la voglia di essere come loro. Strada facendo, scegliendo insieme ai miei genitori, ho deciso di fare il liceo artistico e poi  l’Accademia. Successivamente sono diventato professionista; nella prima parte della mia formazione vi è molto gioco.”

Quando è entrato nel mondo dell’arte? 

“Ci sono entrato piano piano dopo essermi diplomato presso l’Accademia, anche se poi mi sono allontanato dal mondo accademico. Nonostante questo l’arte ha sempre fatto parte di me, dunque ho iniziato a creare delle situazioni e degli spazi, cercando visibilità. Ho cominciato a fare seriamente l’artista intorno ai trent’anni.”

Dove ricerca l’ispirazione per creare le sue opere?

“L’ispirazione viene da quello che mi circonda: libri letti, film visti, musica ascoltata.  deriva anche dalle amicizie, dai viaggi fatti da ragazzo tra Berlino e New York e dai mesi in cui ho vissuto  a Londra. è da queste esperienze che parte tutto.  Ora il mio lavoro verte sull’indagare il tema l’industrializzazione: mi piace mettere degli elementi meccanici – gli occhiali da saldatore sono una delle mie caratteristiche – che rappresentano l’uomo occidentalizzato, l’uomo che è capace di produrre tantissimo, ma anche di consumare in modo sfrenato. Si tratta di un uomo che sta tra la capacità eccezionale di tecnica, tecnologica, scientifica e il senso di distruzione, perché non siamo capaci di gestire quello che creiamo. La mia arte un po’ indaga, un po’ è una critica alla contemporaneità.”

C’è un’opera che ritiene più importante per lei? Perchè? 

“Non c’è mai un’opera più importante, anzi si ritiene spesso che la più importante sarà quella che stai per elaborare. col passare del tempo ti accorgi, perchè te lo dicono gli altri,  che Mr.Arbitrium è stato molto importante. Anche i sospesi sono rilevanti per la visibilità che mi hanno dato. Le opere più significative le scelgono gli altri.”

Considerando la sua carriera artistica, ha sempre mantenuto uno stile artistico lineare oppure ha avuto variazioni stilistiche? Ci sono state variazioni? a cosa sono dovute? 

“In accademia ho cercato di sperimentare il più possibile, successivamente sono andato verso una linea di indagine dell’uomo occidentale industrializzato. Da qui è partita una linearità, anche se per un periodo ho abbandonato il figurativo e sono andato verso il recupero dei materiali industriali. in questa fase della mia carriera usavo gli scarti dell’industria per farci delle forme, creando architetture e paesaggi. Dopo un qualche anno sono tornato alla figurazione, che non va a cercare solamente il bello ed ha dei limiti, perché i nostri antichi l’hanno realizzata molto meglio. La figurazione è per me importante perchè è un mezzo, un codice per raccontare un concetto di contemporaneità e deve esserci dunque nell’opera d’arte una figurazione che funziona legata ad un concetto.”

Che cosa si aspetta dal suo lavoro artistico?

“Mi aspetto che la scultura mi accompagni per tutta la mia vita, come un fratello e per potergli raccontare il mio pensiero e per poter continuare ad avere un compagno di viaggio.”

Parlando in particolare dei Sospesi, con la realizzazione dell’opera di quale tematica contemporanea si è voluto far portavoce? 

“I ‘Sospesi’ è  un lavoro che cerca di raccontare la precarietà della vita, che è un tema ancora oggi molto contemporaneo. La negatività è il cavo che tiene l’umano legato a testa in giù che gravità nel vuoto a testa in giù. 
La positività siamo noi, con i nostri corpi, che cercano di reagire con la loro muscolatura a questo stato d’animo di precarietà. essa viene dall’inizio, da quando siamo costretti a venire al mondo e ci troviamo in un posto dove è molto difficile stare, perché dobbiamo imparare a fare compromessi. I Sospesi raccontano una difficoltà, ma allo stesso tempo la voglia e la forza di alzarsi alla mattina per provare a combattere.”

Quale materiale preferisce utilizzare per realizzare le sue opere? 

“Il materiale è sempre quello iniziale della creta, che poi diventa ceramica, bronzo e successivamente resina. Ogni scultura dà il meglio di sé in relazione al materiale che viene scelto.”

I colori utilizzati per completare le opere vengono scelti secondo una precisa motivazione e dunque con l’intento di trasmettere una particolare emozione? 

“I colori, che noi chiamiamo ‘patina’, fanno parte del finale di un’opera. Il bianco può dare maggior teatralità; il finto bronzo può essere usato per dare un concetto più classico; il rosso o blu o giallo per un’opera più pop. Il colore è parte fondamentale della riuscita dell’opera.”

Alle base delle sue opere vi sono dei lavori preparatori o dei particolari studi?

“Di solito si parte dal disegno, un bozzetto di creta e in itinere si ha il tempo di pensare e riflettere su come realizzare l’opera.”

C’è qualche artista del passato che l’ha particolarmente influenzato? Se si, perchè? 

“In passato ho sempre cercato di non vedere gli altri, anche se è impossibile e dunque, Giger, Warhol, Caravaggio e Bosh, mi piacciono particolarmente.”