Intervista a Peppe Gueli

Peppe Gueli, siciliano di nascita, è cresciuto immerso tra gli odori, i sapori e i colori del medierraneo, coltivando una forte sintonia con il mare della Sicilia. Attualmente,  vive a Pescara, crocevia di vecchie e nuove culture, dove ha arricchito molto il suo bagaglio culturale e che gli ha permesso di mantenere la sua quotidiana interazione con il mare. In questo momento, è in esposizione presso la Galleria d’arte contemporanea “1758 Venica Art Studio”. L’artista, svolgendo un’analisi introspettiva, ricerca l’ispirazione per le sue opere, partendo da se stesso e dalle sue più intime emozioni e percezioni. Tuttavia, grande fonte di ispirazione e di conciliazione per la nascita dei suoi progetti è il mare, luogo che con le sue caratteristiche non può che influenzare.il percorso artistico di Gueli non si ferma alla rappresentazione fisica dei suoi sentimenti, ma il tutto viene elaborato affinché le sue opere siano cariche di messaggi, in quanto, a volte, vere e proprie opere d’arte di denuncia sociale.Anche di questo, abbiamo avuto l’opportunità di parlarne insieme all’artista in un’intervista, in occasione della collezione Permanente 2023, in occasione della quale ci ha permesso di entrare nel suo mondo artistico e di comprendere la filosofia che sta alla base della sua serie “ponti”. 

Quali sono le ragioni che l’hanno spinta a fare l’artista?

“La motivazione di base si trova nella mia difficoltà nell’esprimere ad altri le mie emozioni, i miei stati d’animo ed i miei pensieri più profondi attraverso la parola. Sono stato ’costretto’ a trovare un altro mezzo comunicativo che non sia la parola. La mia è stata ed è una necessità, un’esigenza.”

Quando è entrato nel mondo dell’arte?

“Non riesco ad identificare un momento preciso, perché il mondo dell’arte fa parte della mia vita da sempre e, non parlo da artista, ma prima di tutto parlo da amante dell’arte in tutte le sue forme. Dall’arte classica al fumetto, dalla fotografia alla poesia, in varie fasi della mia vita credo di aver frequentato un po’ tutti i linguaggi espressivi.”

Dove ricerca l’ispirazione per creare le sue opere?

“Sono molto introspettivo, di conseguenza mi guardo tanto dentro per trarre ispirazione. Tuttavia,  ci sono posti e luoghi che sono fonte di ispirazione e il mare è uno di questi. Ho sempre vissuto in luoghi dove il mare condiziona la vita ed emoziona l’anima, non credo che sarei in grado di vivere a lungo in un posto senza il mare. Molti dei miei monocromi sono ispirati al colore del mare ed ho, in fase embrionale, un progetto ispirato dagli orizzonti marini.  
Anche le forme naturali, che mi affascinano tanto, sono fonte di ispirazione; nella mia scultura ‘rosa’, ad esempio, ho preso ispirazione da formazioni geologiche molto caratteristiche chiamate ‘fessurazioni colonnari’, queste sono di origine vulcanica effusiva, i basalti creano queste colonne a sezione esagonale solamente in determinate condizioni di temperatura e di raffreddamento.”

C’è un’opera che ritiene più importante per lei? Perchè?

“Difficilmente lavoro a più cose contemporaneamente, solitamente mi dedico ad un lavoro alla volta, così si crea un ‘rapporto personale’ con ognuna delle mie creazioni, pertanto non ritengo di avere un figlio prediletto.”

Considerando la sua carriera artistica, ha sempre mantenuto uno stile lineare oppure ha avuto variazioni stilistiche? Se ci sono state, a cosa sono dovute? 

“Assolutamente no, ho esplorato molti linguaggi espressivi nel corso degli anni, dal fumetto all’illustrazione, al silent book. Ho studiato per anni anatomia per artisti e l’arte figurativa mi ha accompagnato per diverso tempo. Per trovare la mia strada, le variazioni di stile sono state necessarie.”

Che cosa si aspetta dal suo lavoro artistico?

“Creare mi fa stare bene, mi aspetto che il mio lavoro artistico continui a farmi stare bene.”

Perché ha scelto di realizzare opere monocolore?

“Diciamo che non è stata una scelta, i monocromi sono arrivati dopo un percorso che mi ha portato a togliere anziché mettere, il minimalismo mi appartiene, perché è la forma espressiva in cui più mi identifico e con cui meglio riesco ad esprimere le mie emozioni.”

La sua tecnica è molto autentica, che cosa l’ha spinta a lavorare in questo modo il legno?

“Ovviamente il colore è parte fondamentale del mio lavoro, ma la mia ricerca non si limita all’uso del colore.  Una parte fondamentale è dedicata allo studio delle forme e  all’uso dei materiali. Il legno in quanto elemento naturale mi ha sempre affascinato: amo il contatto con il legno, lavorare il legno mi permette di esplorare sempre nuove forme. Mi piace l’idea di dare un’anima “viva” ad ognuno dei miei lavori.”

La sua opera “ponti” rappresenta anche qualche tratto della nostra società oltre ai ponti fisicamente esistenti?

“Certamente, la serie dei ponti nasce proprio dall’esigenza di comunicare la necessità di unire, mettere in comunicazione; costruire un ponte significa unire due sponde e, mai come oggi abbiamo bisogno di ponti, ponti che uniscono culture, religioni, generazioni, anime e pensieri. La storia ha dimostrato che tutti i muri costruiti in passato non hanno mai portato nulla di buono, per questo abbiamo bisogno di ponti. Prendiamo ad esempio il Mediterraneo, costruire oggi ponti sul Mediterraneo significa non soltanto salvare vite umane, ma permettere ad ognuno di noi di arricchirsi culturalmente e crescere come individui.”

L’esperienza tattile che possiamo avvertire nelle sue opere rimanda a qualche cosa che vuole trasmettere?

“Soffermarsi a guardare qualcuno o qualcosa a volte può non essere sufficiente a comprenderne l’essenza, le emozioni passano attraverso tutti i sensi, toccare aiuta a comprendere e a scoprire un’essenza diversa di un qualcosa che magari ad occhio nudo, o a prima vista, può non essere percepita. Mi piacerebbe trasmettere il messaggio che non bisogna soffermarsi all’apparenza o ad uno sguardo superficiale. Nella serie dei legni la parte tattile è fondamentale, questa serie è stata creata dopo una lunga ricerca dell’Io più profondo, tutti abbiamo un involucro che ci protegge dal mondo esterno, ma se scaviamo viene fuori qualcosa di diverso e spesso più intenso, ecco, toccare la superficie di uno dei miei legni, anche ad occhi chiusi, può aiutare a scoprire quale lato di noi siamo disposti a mostrare e, forse possiamo scoprire anche qualcosa di nuovo di noi o di altri.”

Il solo aspetto visivo può anticipare l’esperienza tattile che poi si può verificare? 

“Come dicevo prima, limitarsi al solo aspetto visivo potrebbe essere insufficiente, limitante o anche ingannevole, l’esperienza tattile può essere una sorpresa o anche una conferma. L’esperienza tattile non necessariamente deve essere in contrapposizione con l’aspetto visivo, potrebbe anche confermare l’aspettativa data dal primo sguardo. Credo che questa sia una percezione molto personale di chi non si limita ad osservare.”

Nell’opera “rosa” ho notato, al tatto, la sua delicatezza ma anche la sua robustezza, che cosa l’ha spinta a creare ciò? Anche per lei è presente nell’opera questo ossimoro?

“Sono contento che questa contrapposizione sia stata notata perché è esattamente quello che voglio trasmettere. Questo è un lavoro molto intimo, che parla di un Amore, della sua delicatezza, ma allo stesso tempo della sua solidità e stabilità.”

Pensa che nel suo lavoro ci sia una componente di denuncia sociale?

“Solitamente con il mio lavoro cerco di esplorare l’animo umano, ma in alcuni casi sento l’esigenza di mostrare il mio disappunto su determinati argomenti; è il caso del legno a cui sto lavorando in questi giorni, si tratta di un monocromo rosso, credo che sia responsabilità di ognuno di noi denunciare qualsiasi violenza perpetrata sulle donne, non possiamo fare finta di nulla. Nel mio piccolo spero che questo lavoro possa smuovere le coscienze di chi lo guarda portando l’osservatore a denunciare e/o a ribellarsi.
Anche durante la realizzazione di alcuni “ponti” caratterizzati dal colore del mare, ho pensato tanto a chi arriva da altri continenti e che chiede disperatamente aiuto, dovremmo accogliere invece di respingere e creare sempre più ponti tra noi e l’”altro” senza paure.”