L’artista Maria Pia Carosi, in arte Emma, si forma nell’atelier bergamasco della pittrice Claudia Pressato dove approfondisce le tecniche pittoriche e decorative e prosegue i suoi studi frequentando l’Accademia Carrara di belle arti a Bergamo. Nella sua attività un ruolo fondamentale lo svolge la musica, arte che ritiene fondamentale per poter esprimere la sua idea artistica, tanto che nel 2010 ha fondato con la musicista Donatella Lotti il laboratorio “Dipingi la Musica”. Negli anni ha partecipato a numerose mostre collettive e personali e nel 2017 il MAC3 di Caserta ha acquistato una sua opera rendendola parte della collezione permanente. Carosi realizza le sue opere attraverso l’acquarello, il collage e la pittura ad olio, tecniche con le quali affronta il vasto tema dell’umanità. Recentemente ha iniziato a riflettere sulla femminilità e così è approdata ad un’arte fatta di frammentazioni. I volti di donne da lei disegnate vengono coperti da pagine di giornali diventando un urlo di condanna nei confronti della società contemporanea.
Quali sono le ragioni che l’hanno portata ad iniziare un percorso creativo?
“La passione interiore per i processi creativi e una buona dose di fantasia che mi hanno sempre accompagnato fin da bambina”.
Quando è entrata nel mondo dell’arte?
“Nel 2008 sono entrata nel mondo dell’arte grazie alla mia prima mostra personale che mi ha permesso di mettermi in gioco pubblicamente ed espormi anche ad eventuali giudizi negativi, che ho vissuto sempre come stimolo per lavorare meglio e affinare la mia ricerca”.
Da dove parte e come prende vita un suo progetto?
“Da idee che mi vengono all’improvviso guardando delle immagini oppure da che ciò che crea la mia mente”.
C’è un’opera del suo lavoro che ritiene esplicativa della sua produzione artistica? Perché?
“Non c’è un’opera che ritengo più esplicativa di un’altra nel mio percorso creativo. Ogni mia opera è per me un gradino, un passo avanti nella ricerca e nel desiderio di raggiungere l’obiettivo di esprimere al massimo me stessa e il “fuoco” creativo che sento dentro, cercando sempre però di comunicare sensazioni che inducano anche a riflettere”.
Quando per lei un’opera è riuscita?
“Devo far “maturare” i miei lavori appena “nati”. Ci passo davanti per qualche tempo, li guardo, li soppeso e capisco solo così quando le mie opere sono veramente concluse e riuscite”.
Quanto la società o l’ambiente che la circonda influenzano il suo lavoro?
“La società e l’ambiente mi condizionano e spesso mi spingono a realizzare opere con cui lancio messaggi di denuncia nella speranza di contribuire positivamente alla creazione di un mondo più animato da ideali di vera Bellezza, sul solco de “La Bellezza vincerà il mondo” di Dostoevskij”.
Oltre a essere un’artista, conduce anche laboratori creativi per adulti e bambini. In che modo queste attività influenzano le sue opere?
“I bambini e i ragazzi mi arricchiscono di emozioni positive, mi costringono ad essere sempre attenta nel creare relazioni positive e di fiducia, ad essere molto brava e professionale, non solo tecnicamente”.
Nel suo percorso artistico la musica ha sempre svolto un ruolo molto importante. Cosa la porta ad ascoltare musica durante la realizzazione dei suoi quadri? C’è un genere musicale che la guida maggiormente?
“La musica e il rapporto con i musicisti, in primis mio marito che canta, mi permettono di approfondire il dialogo con questa forma d’arte e di comprendere bene lo spirito creativo anche in ambito musicale. La musica è un’ottima compagna per la pittura e la creazione artistica in generale. Il mio sogno sarebbe quello di aprire e condurre un cenacolo in stile rinascimentale ed invitare rappresentanti di ogni genere artistico per favorire collaborazioni proficue, sostenere la ricerca e arricchire l’espressività creativa”.
La scelta dei giornali impiegati nella realizzazione dell’opera Vite spezzate è casuale o dettata dal desiderio di comunicare un determinato messaggio?
“Non è casuale. La carta dei giornali per me rappresenta il pensiero unico, la versione politicamente corretta del mainstream che, secondo me, tende ad appiattire il pensiero e a schiacciare le idee e l’espressione della personalità individuale. Per questo il titolo Vite spezzate, ovvero vite spezzate da un indottrinamento appiattente e omologato che uccide la libera espressione”.