Intervista all’artista Elena Faleschini de Corato

L’artista Elena Faleschini De Corato dopo aver conseguito il diploma all’Istituto Statale d’Arte di Udine si forma presso la Scuola D’Arte “G.da Udine”, cominciando ad esporre nel 1971 e ottenendo fin da subito numerosi premi e riconoscimenti. Dopo essersi specializzata anche nella lavorazione dell’oro a livello professionale, si dedica alla scultura lavorando con diversi materiali come il marmo, il legno e la ceramica. Le sue opere sono state esposte in numerose mostre personali e pubbliche, in Italia e all’estero. L’affascinante ricerca artistica di Faleschini esprime eleganza e flessuosità, tratti che rappresenta nei soggetti delle sue sculture. La delicatezza e la sinuosità delle figure scolpite, confluiscono armoniosamente nell’immagine dell’arco. Sulla base di questi elementi, la materia viene modellata dall’artista come espressione diretta delle sue emozioni e pensieri, creando lavori che hanno come protagonisti personaggi mitici ed elementi della natura.


Quali sono le ragioni che l’hanno portata ad iniziare un percorso creativo?

“Non c’è stata una ragione, è stata una cosa spontanea, istintiva. Fin da piccola avevo voglia di inventare, comporre e plasmare i materiali, dalla mollica del pane al pongo, dalle stoffe ai legnetti. Crescendo e studiando ho conosciuto materiali diversi e impegnativi”.

Quando è entrata nel mondo dell’arte?

“Finito il Liceo Artistico, nel 1964, ho cominciato subito a partecipare a Concorsi ed Ex Tempore. Nel periodo dal 1966 al 1970 non ho partecipato a mostre ma ho comunque continuato la mia produzione. Nel 1971 ho ripreso la mia attività espositiva”.

Da dove parte e come prende vita un suo progetto?

“Mi può essere suggerito dalla lettura di un libro, da un’emozione, da un sogno, da un’immagine o da un discorso in sospeso che sento di dover approfondire. Comunque è sempre una ricerca, ma la fonte più creativa è il silenzio interiore, la connessione con la “ fonte”.

C’è un’opera del suo lavoro che ritiene esplicativa della sua produzione artistica?

“Considero Il Risveglio come l’opera che mi ha fatto fare un salto qualitativo nell’analisi dell’intensità dell’espressione e della potenza delle forme”.

Quando per lei un’opera è riuscita?

“Mai, perché ai miei occhi è sempre modificabile, ma ad un certo punto mi costringo a dire basta perché tutto quello che avevo da dire è detto”.

Quanto la società o l’ambiente che la circonda influenzano il suo lavoro?

“Tantissimo, è inevitabile esserne influenzata. Le tematiche di oggi, i cambiamenti, la violenza e la guerra sono piuttosto destabilizzanti, e per me cercare di interpretarli è un modo per capirli, accettarli se inevitabili, o denunciarli e combatterli”.

Ci sono artisti a cui si ispira? Se si, quali?

“No, non mi ispiro a nessuno in particolare, ma credo che vedere le opere di altri scultori del mondo inevitabilmente mi influenzi”.

Per le sue sculture si è ispirata a diverse figure mitologiche e storiche. In che modo sceglie questi soggetti? 

“Gli argomenti che mi stanno a cuore sono l’informazione che instilla paura per ogni cosa, la guerra, la violenza nei confronti delle donne e la passività umana. Nel corso della storia ci sono stati tanti periodi di guerre, di decadimento sociale e morale, ma in questo periodo tutto si fa più evidente, più veloce. Le mie Amazzoni e i miei Arcieri sono mezzi per stimolare una riflessione e per denunciare senza violenza. La storia, soprattutto del periodo greco-romano è fonte di ispirazione e di riflessione per me. Scelgo i miei personaggi attraverso lo studio delle loro storie e dei miti”.

Quale tecnica e quali strumenti ha usato per la realizzazione di Arco del Fuoco e Arco dell’Acqua?

“Inizialmente osservo gli elementi che voglio descrivere, poi la tecnica è quella del togliere, ma allo stesso tempo riempire lo spazio con le forme del loro movimento. Gli strumenti sono flex, frese, scalpelli e mazzetta leggera e tanta carta abrasiva”.