L’artista Elena Faleschini de Corato si diploma presso l’Istituto Statale d’Arte di Udine, specializzandosi successivamente nella lavorazione dell’oro e in generale nelle tecniche scultoree. Inizierà il suo percorso espositivo dagli anni ‘70, ricevendo numerosi premi e riconoscimenti.
La competenza nella lavorazione di ogni tipo di materiale rende Faleschini una vera artigiana, capace di creare sculture eleganti, morbide e dalle forme sinuose. Il cerchio e in particolare le sue parti, il semicerchio e l’arco, diventano elementi compositivi fondamentali delle sue sculture, invitando lo spettatore a superare una realtà finita per immergersi nell’ignoto. La sua serie dei Portali evidenzia nella sua eleganza questa attenzione alla curva, introducendo l’ambivalenza del concetto di portale, luogo di inizio o di fine, di apertura o di chiusura. Elena Faleschini si dimostra così una maestra nell’arte scultorea, capace di portare alla luce le più intime proprietà dei materiali, che diventano come creta nelle mani di un raffinato demiurgo.
Potrebbe introdurci il nuovo ciclo della serie Portali? Qual è la riflessione che soggiace da queste sculture?
La cosa più semplice sarebbe dire che ormai l’Umanità è proiettata alla conquista e colonizzazione di nuovi mondi. Fantascienza adesso, ma la ricerca spaziale mira a questo. E’ l’incanto del profondo sconosciuto, delle stelle, di pianeti ignoti, di galassie solo sognate. E’ un tentare di condividere l’emozione che provo mentre mi lascio catturare da immagini del mio subconscio, un modo di partecipare ad un mio impossibile futuro. L’idea dei Portali è anche una “fuga” che mi permette di sperare. Il presente che non mi piace, la direzione che ha preso l’Umanità ha poco di umano! Brama di potere e dittature stanno crescendo e noi siamo piccole pedine da poter sacrificare.
C’è una connessione tra le tematiche avanzate dalle due serie di Archi e Portali?
Forse ci può essere una connessione tra le due tematiche, ma quando ho un’idea non mi pongo la domanda se c’è un legame tra le opere.
Il cerchio: la continuità, la coscienza.
L’arco: come segmento del cerchio, una parte della comprensione.
I portali: sono l’inesplorato, un’ apertura o una chiusura per la percezione della vita.
Dipende da chi guarda, con gli occhi o con il cuore.
Attraverso la serie i Portali, in quale dimensione l’osservatore viene proiettato?
Spero che l’osservatore colga la “suggestione” e spinga lo sguardo al di là, oltre la realtà apparente, verso il proprio inconscio, verso la parte positiva del sé.
In particolare, nella sua opera Tao/Oat intende visivamente alludere a un dualismo tra realtà percepita oggettivamente e realtà vissuta soggettivamente?
TAO/OAT è il bene e il male, una presenza inquietante che è sempre presente. Questo periodo che stiamo vivendo è il Kalijuga. Kali rappresenta la morte ma anche la rinascita; una parte è corrotta, ma l’altra sta ricostruendo un nuovo futuro. Forse una chimera!
Dall’osservazione delle sue opere, la forma dell’arco sembra essere l’idea di partenza di ogni suo lavoro artistico. Da quale esperienza culturale o quotidiana è nata questa espressione artistica?
Per me dove c’è armonia c’è curva, arco, sinuosità. Gli angoli, anche se necessari, mi danno spesso una sensazione di chiusura, di aggressività. Non so dire da quale esperienza culturale derivi la mia predilezione per le curve, penso sia una cosa istintiva.