Daniela Mezzetti ha recentemente partecipato a Bottega ‘500, una mostra d’arte contemporanea organizzata dallo studio di consulenza Tivarnella Art Consulting, in collaborazione con 1758 Venice Art Studio e Associazione Il Sestante, presso la Blue Gallery di Manhattan, New York. Docente e studiosa, da sempre appassionata d’arte, ha condotto studi umanistici: storia, letteratura e archeologia la accompagnano in itinerari archeologici attraverso i luoghi delle più antiche tradizioni. Nel corso degli anni, ha sviluppato la sua ricerca artistica presso studi di Maestri e accademie d’arte, collaborando con realtà artistiche e associazioni internazionali. Nelle sue opere, la mitologia greca classica funge da pretesto per offrire all’osservatore composizioni equilibrate ed eleganti realizzate tramite un linguaggio tipicamente espressionista.
Quali sono le ragioni che l’hanno portata ad intraprendere il suo percorso artistico?
Il mio percorso è iniziato nel 2012 in maniera un po’ casuale con un corso di pittura ad olio che in quel momento mi pareva il più adeguato e rispondeva anche alla mia curiosità verso il mondo delle arti figurative che fino a quel momento non avevo frequentato molto. La mia formazione è piuttosto linguistica e letteraria.
Il mio radicato interesse verso l’archeologia mi portava inoltre verso l’arte antica, in controtendenza rispetto al normale percorso dell’arte contemporanea che io associavo al massimo alla Beat Generation di Corso Ferlinghetti e Kerouac, agli espressionisti tedeschi o ai Preraffaelliti inglesi. Per me l’arte era sempre legata ad un aspetto materiale e artigianale alla William Morris, per intenderci. Comunque ero intenzionata a esplorare nuovi campi di conoscenza.
Da dove parte e come prende vita un suo progetto?
Da tante letture, dallo studio della storia e della mitologia anche negli aspetti psicologici e antropologici. Ma essenzialmente da foto dei miei viaggi nelle isole e nelle città greche, da materiale su siti archeologici e reperti museali, che magari ai più non dicono molto ma che per me sono dei veri e propri messaggi in bottiglia. Devo molto anche alle visite in Sicilia, Sardegna e Toscana: foto di bronzetti e terrecotte che sono testimoni di consuetudini arcaiche affascinanti, e che spesso si manifestano in forme incredibilmente moderne.
Ci sono stati dei momenti fondanti che hanno innescato il suo amore per l’arte o si tratta di un rapporto che si è rivelato nel corso del tempo senza nessun evento chiave?
Una vera e propria epifania sono stati per me gli affreschi di Cnosso e di Akrotiri che ho visto da bambina. Mi aveva colpito la loro incredibile freschezza e il potere comunicativo che avevano a distanza di così tanti anni. Emozioni rivissute più tardi a Pompei e a Oplontis o alla Villa dei Misteri. Mi hanno sempre affascinato anche le strutture architettoniche per la loro capacità di annullare il senso dello scorrere del tempo. Ecco forse questa è la vera forza che mi ha spinto a cercare di descrivere, attraverso la pittura, le suggestioni che quei luoghi hanno suscitato in me.
C’è un’opera in particolare a cui è legata e che ritiene possa rappresentarla come artista? Perché?
Forse non sembra pertinente perché troppo diversa dal mio stile, però direi il Cratere di Eufronio. Ha un particolare valore per me; è stata saccheggiata negli anni ‘70 da una tomba etrusca di Cerveteri e venduta al Metropolitan Museum of Art di New York per un milione di dollari. Restituito all’Italia nel 2006, è ora esposto al Museo Etrusco di Villa Giulia a Roma. Ricordo che sono stata letteralmente “rapita”, in piedi a girare attorno alla teca, che lo custodiva a New York, per così tanto tempo da indurre il custode ad avvicinarsi e chiedere se stessi bene e non volessi vedere anche le tante altre opere che il museo aveva da offrire.
Il cratere descrive con tanto composto pathos la morte di Sarpedonte con così tanti dettagli e segni precisi in uno stile denso da risultare di incredibile effetto.
Quali influenze e studi artistici l’hanno guidata nella creazione del suo stile personale? Si sente affine a qualche movimento artistico in particolare?
Non ho affrontato studi artistici particolari, piuttosto studi di archeologia ed arte e storia antica dopo quelli linguistici e letterari.
Ho avuto la fortuna di incontrare maestri che mi hanno insegnato molto e hanno contribuito alla mia formazione in particolare Franco Chersicola, Ivano Bonato e suo figlio Gabriele. Un apporto recente nel campo della stampa artistica lo devo al maestro Franco Vecchiet.
Per quanto riguarda i contenuti del mio lavoro sono imprescindibili i miei studi sull’arte antica e pre-classica, le relazioni tra oriente e occidente mediterraneo, l’arte celtica e dell’Antica Europa. Un mondo denso di relazioni sorprendenti che amo esplorare da più punti di vista.
Come seleziona il soggetto da realizzare nel suo operato artistico?
Ormai quasi non seleziono più, ora sono i soggetti a materializzarsi sulla carta, frutto di impressioni e riflessioni o di un input casuale che si apre su mondi già strutturati: un mito arcaico, un antico rituale che si perpetua ancora oggi, il ricordo di un reperto visto tempo fa. In passato, lavorando con la tecnica ad olio, ero costretta a maggior programmazione ed il risultato era meno spontaneo o peggio, quasi “ didattico” in omaggio alla mia vecchia professione. Ora sono spontanea persino con la cera molle o la maniera allo zucchero che lasciano molta libertà nella stampa d’arte. Se proprio devo azzardare non sono per niente classica a dispetto dei miei studi; sono decisamente espressionista.