Danilo Susi, artista originario di Pescara, ha recentemente preso parte a Bottega ‘500, una mostra d’arte contemporanea organizzata dallo studio di consulenza Tivarnella Art Consulting, in collaborazione con 1758 Venice Art Studio e Associazione Il Sestante, presso la Blue Gallery di Manhattan, New York. La sua pratica artistica permette a Susi di esplorare il confine che separa fotografia e pittura. Vincitore di numerosi premi d’arte contemporanea, è l’ideatore del marchio registrato Acquastratta. Le sue fotografie sono apparse anche nel settore del lusso, tramite collaborazioni nel design, nella moda e nell’arredamento d’interni.
Quando ha iniziato a interessarsi alla fotografia? Qual è stato il suo percorso per diventare un fotografo professionista?
Il mio approccio alla fotografia è iniziato da giovane. In quel periodo mi interessava la fotografia I.R. e realizzai alcuni poster nel 1972 con la Decor System di Roma e la Recordati di Milano; fui inserito nei due Cataloghi di Fotografia Bolaffi usciti negli anni ‘70.
In realtà mi considero un fotografo naif di ricerca: mi interessa la ricerca del dettaglio che si trova in natura; le mie foto non hanno ritocchi tecnici, riproduco i colori che la natura ci offre nelle sue varie sfumature, in particolar modo l’acqua, che considero una vera metamorfosi della natura. Mi sono ispirato agli impressionisti, in particolare a Claude Monet, cercando di catturare la luce al momento giusto, secondo la definizione stessa di fotografia. Questa ricerca è stata messa a confronto da Daniele Radini Tedeschi con la produzione storica del Maestro Gerhard Richter e pubblicata nel volume CONGIUNTI del 2023.
Cosa significa essere un fotografo al giorno d’oggi?
Oggi tutti fotografano, facilitati dai cellulari sempre più tecnologici. Ci sono varie categorie di fotografi, ma i premi internazionali vanno assegnati ormai sempre a foto di guerra-distruzione-catastrofi, che generano dolore-pathos-angoscia. Credo che ormai si sia persa la bellezza, il suo senso estetico, la ricerca di qualcosa cui accostarsi con piacere-entusiasmo-leggerezza d’animo, l’arte ha perso la bellezza del creato (o quel che ne rimane!); non importa più, come se non esistesse.
Com’è nato il suo interesse per l’acqua come soggetto fotografico?
L’acqua è fonte di vita, dalla biologia alla natura, dalle persone agli animali e alle piante. È sempre viva e diversa, ispira gioia, vigore, meraviglia, paura. Per definizione è incolore, quindi la ricerca mi spinge continuamente a trovare i suoi colori in base alla luce incidente. La considero la mia tavolozza dei colori! Vivere in città di mare mi ha reso tutto più facile, ma nelle mie immagini c’è molta acqua proveniente da fiumi, laghi, fontane. Recentemente ho fotografato il corpo umano che galleggia e nuota nell’acqua, allungandosi e distorcendosi in una vera e propria metamorfosi.
Che ruolo assume il movimento nelle sue fotografie?
L’acqua è difficilmente cheta, quindi devo inseguirla e rincorrerla finché la luce diventa giusta per bloccarla con l’obiettivo. Oggi è più facile in epoca digitale. Prima bisognava attendere lo sviluppo del negativo, con ansia e paura, seguite poi da gioia o delusione! Ma la percezione e la tecnica erano le stesse.
Vi è un suo lavoro o un aspetto specifico della sua produzione che, secondo lei, rispecchia maggiormente la sua personalità artistica?
Senza dubbio la prima mostra importante, corredata di catalogo nel 2008, alla Galleria Luxardo di Roma con la curatrice Eva Clausen, che apprezzò molto il titolo Acquastratta, poi divenuto marchio registrato. In seguito il mio progetto di “nuovo Impressionismo” ispirato alla bellezza della natura è stato condiviso con gli altri due artisti, Carlo d’Orta di Roma e Albano Paolinelli di Pescara. Sono nati altri due progetti con mostre itineranti corredate di catalogo d’arte, Astrattismi Paralleli; e Realismo Astratto, sotto la guida del critico Valerio Dehò, e sono state considerate tra le nuove avanguardie nel volume La via italiana all’Informale, a cura di Virgilio Patarini ed. Mondadori 2013.
Le sue fotografie sono un mezzo di comunicazione? Quali riflessioni e sensazioni vorrebbe trasmettere agli osservatori?
Partendo sempre dal concetto della bellezza quale mezzo espressivo, ho voluto sperimentare un nuovo legame tra Fotografia-Moda-Arte Orafa, proprio per esaltarla ulteriormente. Ho iniziato nel 2012 a Palazzo Isimbardi, su invito
dell’assessorato alla moda dell’allora Provincia di Milano, esponendo i prototipi, poi realizzati in seta, di scialli, sciarpe, parei. L’idea era semplice: riprodurre la natura invece di stampare qualcosa di innaturale sui tessuti. Ma non è facile
farlo capire anche ai giovani stilisti e designer! Nel 2018 alcuni abiti realizzati dalla giovane stilista Francesca Vitale sono stati esposti e hanno partecipato alla sfilata tenuta da Pola Cecchi nel suo atelier a Firenze. Nel settembre 2023 presso l’atelier Chicchimavie a Milano, sono stato invitato da Roberto Mutti ad esporre le nuove opere de La natura che veste e a partecipare per la terza volta al Photofestival proprio durante la settimana della moda. Oltre alla moda, in collaborazione con alcuni orafi di Pescara, ho realizzato gioielli partendo sempre da una mia immagine fotografica: in modo particolare ho prodotto “Il cuore del lago”, che è anche un marchio registrato, e che si riferisce al lago di Scanno in Abruzzo, che visto dall’alto è a forma di cuore.
C’è un particolare soggetto o tema che non ha ancora esplorato ma che le piacerebbe fotografare?
In realtà non saprei, si dice sempre che la prossima è la migliore…vedremo. Tuttavia, da diversi anni (collaboro con lo studio di consulenza Tivarnella Art Consulting gestito da Enea Chersicola di Trieste) e sono tra gli artisti di ARTOUR-O il MUST, progetto internazionale ideato da Tiziana Leopizzi di Genova, e di Tecnografia di Reggio Emilia. La ricerca dei colori dell’acqua continua a “galleggiare” e sto realizzando due nuove serie: Quadruplice, combinando e raddoppiando l’immagine originale ne compongono altre completamente diverse ed evocative. La linea rossa è ispirata e dedicata al Maestro Achille Pace, scomparso qualche anno fa, termolese di origine, che con il suo “filo” ha fatto parte delle avanguardie romane degli anni ‘50 e ’60.
Scoprire un fotografo artista e ricercatore di una tematica quasi rara, che si pone oggi all’avanguardia della fotografia, in un mondo sepolto da selfie ecc…, è segno di un’arte singolare ma pur sempre arte…
Scatti alla ricerca dell’attimo fatale, che troppi occhi umani stentano in un mondo di finto luccichio…
Bravo artista Susi, per averci aperto gli occhi.