Nicoletta Cantore ha recentemente partecipato a Bottega ‘500, una mostra d’arte contemporanea organizzata dallo studio di consulenza Tivarnella Art Consulting, in collaborazione con 1758 Venice Art Studio e Associazione Il Sestante, presso la Blue Gallery di Manhattan, New York. Cantore vive e lavora in Toscana e da più di trent’anni conduce la sua ricerca attraverso la fotografia. Nel corso della sua carriera, ha ricevuto premi internazionali ed esposto a Firenze, Roma, Parigi, New York, Atene e Djerba. Se le origini dell’Umanesimo e del Rinascimento risiedono nel ruolo centrale dell’uomo nel creato, la ricerca fotografica di Cantore si ispira profondamente alla poetica rinascimentale. In essa, armonie classiche permeano sofisticate opere d’arte digitale.
Ha iniziato la sua carriera lavorativa nella neuropsicologia, in che modo ritiene che quest’ambito di studi e di lavoro entri in dialogo con la sua ricerca fotografica?
Ho iniziato a lavorare più di trentacinque anni fa nell’ambito del mondo cognitivo, della comunicazione e del linguaggio, quindi a convertire immagini con parole e frasi. Posso dire che, sicuramente, la mia professione ha condiviso la mia passione per il non detto, comunicato attraverso vie e procedure alternative, quali il disegno, la pittura e la fotografia. Si può pensare ad un lavoro sulle immagini all’interno delle quali si esprimono concetti, emozioni e percezioni di qualcosa che a volte le parole potrebbero indirettamente confondere. Le basi espressive di queste modalità comunicative erano già presenti nel mio pensiero e la fotografia non ha fatto altro che tradurre ed offrire a chi sa leggere ed ascoltare.
Quale è stato il suo primo approccio all’arte fotografica?
I primi approcci artistici sono stati a Cartagine con una collettiva nel 2014, una personale a Djerba nel 2015 presso la Pinacoteca, ed una foto per un concorso internazionale sempre nel 2014 sulla guerra di Gaza, The 58 Seconds Before to Die.
Da dove parte e come prende vita un suo progetto fotografico?
Qualcuno ha scritto su di me su una rivista d’arte “Lo sguardo lento di una fotografia poetica”. In effetti il legame tra poesia e fotografia è mediato dallo sguardo dell’artista e su questa base nasce un progetto che, prima di ogni cosa, deve emozionare chi lo costruisce. Il fascino di uno scatto che attira o che evoca ricordi lontani, mescolati a profumi e colori déjà vu. Forse un tocco di romanticismo non fa male in un mondo che ha dimenticato il gusto delle piccole cose.
Quale suo lavoro o quale aspetto di una sua opera rispecchia maggiormente la sua personalità artistica?
Penso che dopo 10 anni di lavoro su diversi livelli e temi, la trilogia di libri fotografici che ho ideato sia il lavoro che rappresenta meglio il mio percorso artistico di questo momento People/Interior-Exterior/Cosmo. Sono gli elementi facenti parte del mio viaggio all’interno della mia fotografia. È un vero viaggio interiore che parte dalla foto in bianco e nero esclusivamente fatta di persone incontrate per strada. Si passa poi al viaggio all’interno dell’industrial fatto di vecchi palazzi diroccati, fabbriche dismesse, ruderi e costruzioni abbandonate ed incomplete. Fino a Cosmo che invece rappresenta la mia visione del mondo geografico e aereo ideale. Elementi questi tre che hanno un senso se trovano un equilibrio tra loro e dimensioni che si realizzano o meno attraverso la forza e la presenza/assenza dell’individuo.
Quali riflessioni o emozioni si propone di trasmettere attraverso le sue opere? Che importanza ricopre, per lei, la riflessione di carattere antropologico/sociale?
Sicuramente la condizione umana e sociale sono fondamentali nel mio lavoro fotografico, anche quando gli scatti non sono su persone ma su oggetti e paesaggi. La traduzione di uno scatto personale e quindi di uno stile particolare si rivolge ad un pensiero interiore da trasmettere a chi guarda. Non è uno sguardo tecnico che in questo caso passa in secondo piano, ma la traduzione, la trasformazione emotiva della rappresentazione, che comunque tiene presente la reazione personale per un verso ma anche oggettiva e cosmica per un altro. Ciò mi interessa profondamente in quanto ogni cosa che noi vediamo viene filtrata da una emozione, una esperienza simbolica per chi la osserva e la vive con l’anima.
Nella sua carriera fotografica ha rappresentato un’ampia gamma di soggetti differenti. Quali caratteristiche, elementi o emozioni la guidano nella scelta del soggetto?
Spesso non si tratta di una vera e propria scelta ma di un dettaglio, una visione interiore individuale che colpisce il mio sguardo e si trasforma in un atto comunicativo soggettivo e simbolico profondo con immagini che vogliono attraversare il personale per raggiungere una coralità.
Quale relazione intercorre tra lei e i suoi soggetti? Si crea un rapporto diretto, anche di dialogo, o nei suoi scatti mantiene una distanza impersonale dai soggetti?
Tra i personaggi e me non c’è alcuna relazione interpersonale. Generalmente sono persone della strada.
Può raccontarci un po’ di People, il primo libro della sua trilogia fotografica, indagine dell’essere umano?
Mi sono sempre interessata al genere umano, convinta anche oggi che senza gli “umani “ , non si possa vivere. La bellezza della scoperta dei gesti umani, la gioia nel trovare sguardi, sorrisi, pianti simili ai miei, o completamente diversi, ma da leggere da studiare da amare o da dimenticare. La gente sarebbe troppo generico. Le persone sono tutte quelle che conosco ed anche no. Ma la vita è un comune denominatore da quando si nasce. Un agitarsi continuo di pensieri alla ricerca di un senso di un modo individuale e non per attraversarla. Il destino che accomuna tutti nella loro unicità di intenti. Perché un libro? Di fatto è un viaggio tra le foto tra le vite di chi ho incontrato, di chi non c’è più, di chi ho perso lungo la strada, di sconosciuti mai più rivisti. Il tempo che scappa inesorabilmente tra le dita e trasforma volti e situazioni. Un viaggio tra tutti questi pensieri presenti e non. Gesti e momenti a volte impercettibili dentro uno scatto su amici, familiari o sconosciuti, che diventano un regalo, una storia di vita, la mia. Un momento di riflessione e raccoglimento.